«Digitalizziamo i sottoprocessi, non l'intero processo.»

Come membro del comitato direttivo di «Costruzione digitale Svizzera», Gianluca Genova promuove la trasformazione digitale. In qualità di amministratore delegato di MetaXD AG, implementa soluzioni innovative nella pratica.

Come membro del comitato direttivo di «Costruzione digitale Svizzera», Gianluca Genova promuove la trasformazione digitale. In qualità di amministratore delegato di MetaXD AG, implementa soluzioni innovative nella pratica. Vede l’IA come un’opportunità per il pensiero interconnesso nella digitalizzazione.

A che punto siamo oggi con la digitalizzazione nel settore delle costruzioni?

Dipende molto da come si guarda la questione. Io stesso provengo dalla progettazione, con un master in sistemi di costruzione integrati conseguito all’ETH. Per me, fin dall’inizio era chiaro che, senza la digitalizzazione, non si potesse più far fronte alla complessità del settore edile. Secondo me, ai tempi, il BIM non era solo un’opzione, ma uno strumento irrinunciabile. Negli ultimi sette anni ho seguito gli sviluppi di un grande ufficio di ingegneria. Ho notato che la digitalizzazione viene spesso associata al CAD o al passaggio dalla carta al computer. Ma questo paragone è riduttivo. Secondo me, si parte dal BIM, perché è qui che inizia la fase più importante della digitalizzazione.

Quindi il BIM è il punto di partenza?

Sì, ma dobbiamo essere realistici. Il BIM da solo non risolve tutti i problemi. I progettisti hanno impiegato dai cinque ai sette anni per introdurlo, e non stiamo parlando di un’implementazione completa. Molte aziende considerano la loro strategia BIM come la propria strategia digitale. Ma non è così. Il BIM influisce principalmente sulla progettazione, ma non sui processi aziendali come la stesura dei preventivi, l’archiviazione dei dati o la gestione economica dei progetti. Spesso qui non è ancora stato digitalizzato nulla. Manca un’integrazione tra l’attività aziendale e l’IT. Digitalizziamo i sottoprocessi, non l’intero processo.

Da dove deriva questa reticenza?

Il settore delle costruzioni non è proprio noto per cambiare velocemente. Per il CAD ci sono voluti 20 anni, per il BIM dai cinque ai sette, e ora l’IA dovrebbe affermarsi in tre anni? Sono scettico. Il settore è cauto, spesso per paura. La digitalizzazione significa cambiamento, e questo inizialmente costa tempo e denaro, senza alcuna garanzia di un Return on Investment a breve termine. Alcuni la vedono come un’opportunità, altri come una minaccia.

Nuove forme di collaborazione come le alleanze di progetto possono promuovere la digitalizzazione?

L’idea alla base delle alleanze è buona: collaborazione tempestiva, responsabilità condivisa, margini trasparenti. In pratica, però, spesso si tratta ancora di un miraggio. Vedo molti tentativi, ma anche molti limiti. Oggi le alleanze sono molto regolamentate, con limiti rigidi e meccanismi di protezione economica. Questo inibisce l’innovazione. Alla fine, spesso si ritorna agli schemi classici: margini bassi, forte concorrenza, ognuno lotta per sé. Parliamo di win-win, ma poi spesso subiamo dei win-lose.

In cosa la digitalizzazione globale sbaglia?

Manca la coerenza. Modelliamo con alta precisione in 3D basata su elementi, utilizzando gli strumenti più avanzati, ma il cantiere viene gestito sulla base dei classici bandi. Questo non ha nulla a che vedere con i modelli digitali. Non ci sono interfacce, non ci sono assegnazioni chiare tra elemento costruttivo e prestazione. L’idea del BIM come metodo continuativo spesso fallisce nella realtà.

Quindi i modelli digitali e i processi reali nei progetti di costruzione non vanno d’accordo?

Esatto. E dopo aver terminato il lavoro di costruzione, il discorso continua: spesso il Facility Management non rileva i dati digitali perché mancano o sono inutilizzabili. Produciamo molte informazioni, ma non giungono dove sono necessarie. Spesso dico che stiamo lavorando a un puzzle, ma ognuno costruisce solo il proprio pezzo, senza vedere l’intero disegno.

Si tratta di un problema strutturale del settore?

Assolutamente sì. Nella costruzione, costruiamo pezzi unici. Ogni progetto e ogni squadra sono nuovi. Nell’industria ci sono ripetibilità, standardizzazione e processi consolidati. Nella costruzione, invece, gli attori cambiano continuamente. La fluttuazione è elevata, anche a causa della digitalizzazione stessa. Le restrizioni di accesso al settore sono diminuite e i dipendenti cambiano lavoro più frequentemente. Questo rende difficile stabilire processi stabili.

La Sua è un’immagine poco affascinante. Ci sono comunque dei progressi dei quali possiamo essere orgogliosi?

Sì, ed è importante. Molte lacune sono emerse solo grazie al BIM. Di conseguenza, abbiamo iniziato a rimediare: i processi sono stati messi in ordine, la comunicazione migliorata e il coordinamento reso più professionale. La Svizzera ha recuperato molto nel confronto internazionale. Nel 2019 il nostro Paese era ancora considerato arretrato in materia di digitalizzazione. Oggi siamo uno dei settori edili più innovativi d’Europa. Credo che oggi circa il 30-40% dei progetti collaborino con il BIM. Una volta ce n’erano forse dieci. Questo è un vero progresso, anche se non siamo ancora al punto in cui vogliamo essere.

Tutto il mondo parla dell’IA come di una cura per tutti i nostri problemi. Come valuta l’influsso dell’IA?

L’IA è una nuova moda, ma riguarda soprattutto le attività operative, non il lavoro di progettazione. Chatbot, rapporti automatizzati, analisi delle offerte: qui vedo un enorme potenziale. Molti responsabili di aziende si stanno rendendo conto di non poter utilizzare l’IA perché i loro dati non sono strutturati. Questo costringe le aziende a digitalizzare i propri processi. In questo senso, l’IA promuove indirettamente anche il BIM, o perlomeno la volontà di pensare in modo più globale alla digitalizzazione.

Come se avesse bisogno di questo impulso esterno…

A differenza del BIM, l’IA non riguarda solo le progettiste e i progettisti specializzati, ma l’intera struttura aziendale. Per quanto attiene al BIM, si pensa spesso che sia una tematica del capoprogetto. Mentre, improvvisamente, l’IA è un tema della direzione. Le cose si stanno muovendo.

Se ora guardiamo all’anno 2050, che aspetto avrà il cantiere del futuro?

Mi aspetto una combinazione di IA, robotica e gemelli digitali. Gli agenti dell’IA aiuteranno a controllare i processi di progettazione e costruzione. I robot assisteranno i cantieri e forse lavoreranno in modo autonomo, addirittura di notte, come nelle «Dark Factories». Gli edifici avranno dei sistemi operativi digitali e prenderanno decisioni da sé, con il supporto dell’intelligenza artificiale. Arriveranno nuovi materiali da costruzione adattati alla robotica. Le connessioni, che oggi creiamo a mano, cambieranno. Ci saranno nuovi modelli aziendali, nuovi ruoli, nuove competenze.

Sembra un futuro interessante.

Sì, ma dobbiamo fare i passi giusti ora. La digitalizzazione non va da sé. Non abbiamo ancora raggiunto il nostro obiettivo, ma siamo sulla buona strada.

Breve biografia

Gianluca Genova è uno dei più importanti promotori della digitalizzazione nel settore delle costruzioni. L’esperto di integrazione BIM ha studiato architettura all’IZTECH (İzmir Institute of Technology) e all’ETH di Zurigo. Genova consiglia e supporta le aziende nella loro trasformazione digitale. È membro del comitato direttivo di «Costruzione digitale Svizzera/buildingSMART Switzerland».

Circa l'autore

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Thomas Staffelbach

Caporedattore

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